La fotografia non è di fatto oggettiva. Per questo non può solo piegarsi alle ferree regole dell’ottica, della fotometria, della meccanica, dell’elettronica, dell’informatica, o al rigore formale dei linguaggi.
Queste regole, infatti, non possono descrivere tutto l’orizzonte delle nostre emozioni, dei sentimenti e, perché no, della logica di ciò che, non meri occhi di cristallo, ma quelli più molteplici che sono i nostri, possano vedere, le molteplici realtà che sono dietro la patina di quello che appare.
E’ per questo che è la fotocamera, come fa un pennello, una matita o una penna, a piegarsi al flusso delle nostre emozioni e dei nostri pensieri e “vedere” quello che noi vogliamo vedere.